L’ALBERO DELLA VITA DI KLIMT: TRA SOLITUDINE E RICONCILIAZIONE
- Margherita Vitali
- 12 ago 2016
- Tempo di lettura: 2 min
A Palazzo Stoclet, una residenza privata appena costruita a Bruxelles dall’architetto Joef Hoffmann, nel 1905 succede qualcosa di incredibile. Il palazzo è considerato un capolavoro, il suo interno dunque viene affidato alle mani abili di artisti incaricati difondere l’arte con la vita. Uno di loro è Gustav Klimt. All’artista viene affidata la sala da pranzo, in questa creerà così un’opera di rara bellezza, composta da tre pannelli: un maestoso mosaico di pietre dure, coralli e marmi, l’Albero della Vita.

Tre opere, dunque, lunghe circa sette metri che si fondono per crearne una unica, maestosa, e vogliono raccontarci una storia.
Al centro dell’opera spicca un albero d’oro dai mille rami, che si intersecano andando a formare figure geometriche somiglianti a nuvole e onde. Al di là del preciso messaggio che l’artista vuole trasmettere attraverso la composizione dell’opera, questo albero ha da sempre una significato simbolico preciso, che si ripete in molte culture fin dalla nascita dell’arte: l’albero è conoscenza, l’albero è vita.
Sul pannello di sinistra si presenta sulla scena una figura femminile con il capo volto a destra. Questa parte dell’opera, di splendente impatto e bellezza anche presa singolarmente, è chiamata L’attesa. L’innaturale posizione della donna, la sua acconciatura, i suoi abiti e la sua bellezza orientale, ci rimandano subito al mondo egizio e allo stile figurativo di quel mondo lontano. La ragazza è una danzatrice, il suo corpo non ha dimensione ed è ricoperto di gioielli e di colori.
Nel pannello di destra troviamo invece la struggente realizzazione di una coppia: due giovani si stringono saldamente in un abbraccio passionale, ricco di sentimento e trasporto, capace in maniera semplice di pervadere l’osservatore. È la riconciliazione tra i due sessi, la stretta morsa di un contatto ritrovato. Il corpo dell’uomo sovrasta interamente la figura della donna, lasciando trapelare solamente il volto di lei. Lui di spalle si presta a una situazione di totale simbiosi e abbandono. Le loro vesti e ciò che li circonda sono sgargianti d’oro, pezzi di sfarzo che si incastrano alla perfezione in giochi virtuosi di figure geometriche.
L’albero della vita figura quindi come congiunzione tra l’attesa e la riconciliazione. Spezza la freddezza della solitudine della prima donna con il calore dei due amanti. La differenza lampante tra il primo e il secondo pannello appare anche nella geometria delle vesti: la prima donna presenta motivi rigidi, triangolari, mentre le due figure sono contraddistinte dalla concentricità del cerchio. Tra una marcata solitudine inquieta e un abbandono pervaso dall’estasi. Sui rami dell’albero alto vi è appollaiato un uccello nero che spicca quasi al centro dell’opera per la sua mancanza di colore. Questi altri non è che la figura della morte, la minaccia sempre presente che, seduta, attende.
(Morte come rinascita, come cicli della vita, come le stagioni - visto che parliamo di albero, come nostri continui cambiamenti, etc... - aggiungerei io ! Michela)
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